Scandisk – sogni ed eroismi da provinci

RECENSIONE Classe – 3 H – Liceo Scientifico Wiligelmo di Modena, nell’ambito del PCTO I mestieri del Teatro
Entriamo nella piccola sala del Teatro delle Passioni per vedere Scandisk. Notiamo subito un mucchio di pallet poggiati a terra e due figure che vi si accasciano sopra, ci sediamo in un ambiente ristretto, frontali alla scena. Dopo qualche minuto parte una musica, la distorsione del brano “What is love“ che accompagna l’entrata in scena di un personaggio, seguito dagli altri due che si alzano dalla catasta di bancali. I tre iniziano a muoversi nell’ambiente circondato da mura di simil cemento ed iniziano a riordinare i bancali precedentemente accatastati al centro della scena. L’ambientazione è molto semplice con delle luci che si alternano tra calde e fredde, abbaglianti e fioche e i tre soli personaggi che insieme ai pochi elementi presenti sulla scena, contribuiscono a creare un ambiente spoglio e tenere la concentrazione del pubblico sui soggetti. le azioni appaiono inizialmente molto frenetiche e seguite da un senso di pesantezza ed angoscia, fino ad arrivare al primo momento di interloquio, nel quale degli attori che erano usciti dalla scena, ne rientra uno, imprecando contro il proprio vestiario lavorativo, costituito da un camice rosso imposto, a quanto pare da una direttiva dell’amministrazione aziendale, oggetto principale delle ingiurie del primo personaggio.
Da quel punto le scene, divise dal suono della sirena per la fine della pausa, proseguono con i dialoghi tra i tre personaggi, che cambiano vestiario di scena in scena, incorrendo in discorsi ripetitivi e poco profondi, sempre accompagnati dal caffè e dalla sigaretta, che esprimono costantemente un profondo senso di frustrazione, che sfocia in un gergo volgare e scurrile, con frasi botta-risposta e fantasie a proposito di una vita più appagante, lontano da tutto ciò in cui si trovano. Desiderano essere come gli uccelli, che partono per un posto caldo, liberi di vivere costantemente nel posto che più li soddisfa.
La voce dei tre attori per tutta la durata dello spettacolo é usata in modo aggressivo e volgare, più volte infatti li sentiamo imprecare tra di loro, per far capire allo spettatore le varie emozioni dei tre diversi personaggi, che parlano delle loro difficoltà lavorative, la dura vita che vivono e di come un giorno sperano di poter scappare dal posto in cui si trovano adesso. Per farlo arrivano a pianificare una rapina.
Gli elementi che vediamo durante lo spettacolo sono usati per mostrare allo spettatore un contesto naturale, realistico, come i costumi dei personaggi, ovvero le divise di lavoro che sono costretti ad indossare, o la scenografia, il magazzino in cui questi lavorano; usano inoltre in più scene dei pallet, a volte in scene in cui dovrebbero lavorare e in altre di svago. La regia è costruita per creare una scena verosimile alla realtà.
Gli attori sono usati come voci di un disagio sociale: i tre protagonisti sono interpretati come ingranaggi umani all’interno di un sistema alienante e automatizzato. La loro parlata colloquiale é dovuta alla scarsa cultura causata dalla probabile mancanza di istruzione. Per loro l’unica via di fuga è scappare e cambiare vita, ispirandosi alla migrazione degli uccelli.
Lo spazio scenico è usato come metafora della mente e della memoria: la scenografia è essenziale e opprimente ed è presente un grande blocco di cemento che sovrasta il palco che rappresenta la memoria collettiva e personale compressa e degradata, come un disco rigido sull’orlo della rottura. Gli attori si muovono in uno spazio claustrofobico, che simboleggia il limite sia fisico che mentale in cui si trovano imprigionati.
Lo spettacolo è coinvolgente e attuale, è riuscito a rappresentare l’oppressione della società e a trasmettere questo senso di impossibilità di cambiamento. Nonostante i tentativi e le idee che i personaggi hanno e sviluppano per cambiare vita nulla succede, tutti i giorni sono sempre nello stesso posto a fare la stessa cosa senza poter fare nulla. Nell’ultimo monologo questa oppressione e la delusione dell’unica vita che gli è concessa raggiungono il massimo della loro potenza e impattano sullo spettatore rendendolo definitivamente partecipe alla disperazione dei personaggi.